La diagnosi genetica preimpiantazionale e l’etica

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Aggiornato il 07/07/2015

La diagnosi genetica preimpiantazionale (DGP) è un procedimento che ha come obiettivo quello di evitare le malattie che si trasmettono geneticamente, giacchè si possono selezionare gli embrioni che non ne sono affetti e impiantare quindi solo gli embrioni sani.

La Legge di Riproduzione Umana Assistita del 2006 nel capitolo 3, articolo 12 dichiara che: i centri autorizzati potranno praticare la DGP per: il rilevamento di gravi malattie ereditarie, di apparizione precoce e non idoneo al trattamento curativo postnatale conosciuto, o altre alterazioni che possano compromettere la vitalità del preembrione, con l'obiettivo di portare a termine la selezione embrionale dei preembrioni non danneggiati per il trasferimento.

Una volta svilppata la tecnica e testata la sua efficacia, gli scientifici aprirono la gamma delle loro opzioni. Per esempio, si raccomanda alle donne di età avanzata che desiderano avere figli e alle donne che sono soggete ad aborti naturali. Nel primo caso, la DGP aiuterà ad avere figli sani; mentre nel secondo, farà in modo che la gravidanza giunga al termine.

Dibattito etico in merito alla DGP

Alcuni dei temi oggetto del dibattio etico che questa tecnica implica sono:

Secondo la rivista di Bioética y Derecho (Bioetica e Diritto) dell'Università di Barcellona "è necessario continuare a riflettere su ciò, al fine di non compromettere il prograsso scentifico, ma, allo stesso tempo, senza perdere di vista i nostri obbiettivi finali come umanità: preservare la vita, la dignità, l'uguaglianza degli essere umani, tra altri principi fondamentali."

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